Come nacquero le prime formazioni partigiane?

La Resistenza Partigiana
La Resistenza Partigiana

INTRODUZIONE

Come nacque l’epica Resistenza contro l’invasore nazista e i loro manutengoli fascisti? Senz’altro è indubbia la data in cui ebbe inizio: l’otto settembre del 1943. Quel giorno venne comunicato, ufficialmente, che l’Italia aveva domandato un armistizio agli anglo-americani e che quest’ultimi l’avevano accettato. Il governo italiano, presieduto da Pietro Badoglio, era consapevole di non avere le risorse per potere continuare il conflitto. Il Terzo Reich si considerò tradito e, di conseguenza, agì in modo che le sue truppe assumessero il controllo di buona parte penisola. Centinaia di migliaia di soldati italiani vennero disarmati e inviati in Germania per essere utilizzati come lavoratori forzati. Essi erano denominati I.M.I. (Internati Militari Italiani). Privi delle tutele che le convenzioni internazionali prevedono per i prigionieri di guerra.

Fin da subito dei soldati e dei civili cominciarono ad opporsi, armi in pugno, ai tedeschi dando vita alle prime formazioni partigiane. I nazisti, intanto, avevano contribuito a creare uno stato fantoccio: la Repubblica Sociale. Guidata da Benito Mussolini. Sotto i suoi vessilli si arruolarono i sostenitori del fascismo, ma anche molti giovani che, in quel periodo confuso, non sapevano dove schierarsi.

Un esempio di come si costituirono le prime formazioni partigiane è rappresentato dall’impresa di Nuto Revelli. Un ufficiale degli Alpini che, dopo aver combattuto valorosamente durante la Campagna di Russia, seppe opporsi valorosamente ai nazifascisti.

 

NUTO REVELLI E LA COSTITUZIONE DELLE PRIME BANDE PARTIGIANE

Il giovane Nuto Revelli aveva conseguito i gradi di sottotenente presso l’Accademia di Modena e, ventitreenne, era partito volontario per il fronte russo. Dove, oltre a essere insignito con una medaglia d’argento, era stato promosso tenente. Nel gennaio del 1943, in seguito all’offensiva dell’Armata Rossa, partecipò alla tragica ritirata.

La Campagna di Russia evidenziò le gravissime deficienze dell’esercito italiano. Centinaia di migliaia di soldati erano stati inviati a combattere, in quelle lande lontanissime, senza dotarli degli equipaggiamenti necessari per sostenere una guerra in condizioni climatiche estreme. Inoltre, in quei frangenti, si ebbe modo di constatare il disprezzo nutrito da molti tedeschi nei confronti dei soldati italiani. Durante la ritirata le truppe italiane procedevano a piedi, mentre buona parte dei reparti tedeschi erano dotati di autocarri e di slitte. Furono sporadici gli episodi nei quali l’alleato germanico offrì aiuto ai soldati italiani.

Nuto Revelli Comandante partigiano
Nuto Revelli Comandante partigiano

Nuto, riuscì a salvarsi da quell’inferno bianco. Però, ritornato in Italia, venne ricoverato per aver contratto una grave forma di pleurite. L’otto settembre del 1943, il giorno dell’armistizio, si trovava a Cuneo.  Dove vide i reparti tedeschi che stavano assumendo il controllo della città. Indomito, assieme ad altri, iniziò subito a procurarsi del materiale bellico, in modo da poter armare le prime bande di valorosi che intendevano opporsi all’invasore. La sua formazione era denominata Quarta Banda. Comprese subito che sarebbe stato praticamente impossibile sostenere degli scontri armati in pianura. Pertanto, si spostarono nelle vallate alpine. Il terreno montuoso rendeva più agevole attuare la guerriglia. Di conseguenza impegnare i nazifascisti in combattimenti del tipo “mordi e fuggi”.

In tale periodo il comandante Nuto Revelli compose anche due canzoni, “Pietà l’è morta” e “Badoglieide”,  che divennero tra i canti più noti della Resistenza. In “Pietà l’è morta” raccontava di un alpino che, indignato per come i tedeschi si erano comportati durante la Ritirata di Russia, diventa un partigiano in modo da combatterli. In “Badoglieide” esprimeva il suo sdegno nei confronti di Pietro Badoglio e del sovrano Vittorio Emanuele III. Entrambi fuggiti invece di opporsi ai nazisti invasori.

Pietà l’è morta

Badoglieide

Con il trascorrere dei mesi aumentò il numero di giovani che salivano sulle montagne per arruolarsi nelle formazioni partigiane. Le quali, dal profilo iniziale di bande, si trasformarono in brigate. Nuto Revelli venne nominato comandante della Brigata di “Giustizia e Libertà” denominata “Carlo Rosselli”.  Le brigate “Giustizia e Libertà” facevano riferimento al Partito d’Azione, ma accettavano anche combattenti di altri partiti purché si ispirassero a ideali laici e democratici. Tali formazioni partigiane erano quelle più numerose dopo quelle guidate dal Partito Comunista.

I partigiani, ormai, non solo contrastavano efficacemente i nazifascisti ma giungevano anche ad accordi con la Resistenza francese, i cosiddetti “Patti di Saretto”. In modo da poter condurre azioni a più ampio raggio. In una di queste operazioni il comandante Revelli venne gravemente ferito al volto. Dopo essere stato curato in Francia rientrò in Italia per condurre l’offensiva finale che portò alla Liberazione.

 

Nuto Revelli
Nuto Revelli

Terminato il conflitto lasciò la vita militare, nonostante avesse avuto una formazione professionale come ufficiale. Affiancò alla sua attività di commerciante quella di scrittore. Uno scrittore che seppe dare voce a tutte quelle persone umili che, per indole o per uno limitato livello di istruzione, sarebbero state confinate nel silenzio della Storia.  Tra le sue opere vi è il libro “Il mondo dei vinti”, dedicato proprio a coloro che possono essere definiti gli ultimi. Con “Il prete giusto”, invece, diede la parola a Don Raimondo Viale. Un sacerdote, alcune volte in disaccordo con le gerarchie ecclesiastiche, che oltre a aver sempre espresso la sua avversione nei confronti del regime fascista salvò molti ebrei dalla deportazione.

Nuto Revelli con una viva e intensa dichiarazione espose le motivazioni che lo indussero a divenire uno scrittore. Le parole furono:

Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi della ‘generazione del Littorio’. Oggi la libertà li aiuta, li protegge. La libertà è un bene immenso, senza libertà non si vive, si vegeta

 

 

CONCLUSIONI

Le vicissitudini del tenente Nuto Revelli sono analoghe a quelle di molti altri indomiti che dettero vita alle prime formazioni partigiane. Uomini mortificati dal fatto di aver visto le forze armate e le istituzioni dileguarsi. Un sovrano e un primo ministro, Pietro Badoglio, fuggire in modo ignominioso senza nemmeno abbozzare una forma di resistenza dinnanzi al nemico.

Di solito a guidare tali forme embrionali di resistenza erano degli ufficiali inferiori e dei sottufficiali provenienti dall’esercito che si era appena dissolto. Successivamente i comandanti vennero affiancati dai commissari politici di vari partiti. Ogni formazione aveva il commissario politico relativo al partito alla quale essa faceva riferimento. Il loro compito era trasmettere ai combattenti le idee e i principi del partito.

Era comune a molte formazioni una profonda disistima nei confronti delle alte gerarchie dell’esercito. Le quali, oltre ad avere condotto una guerra disastrosa, in massima parte non avevano saputo opporre alcuna resistenza ai tedeschi dopo l’armistizio dell’otto settembre del 1943. Tale disprezzo comportava il fatto che molte formazioni rifiutassero i rituali tipici degli eserciti, tra i quali i gradi.  I comandati, pertanto, erano nominati dal basso in quanto venivano riconosciute le loro capacità.

Tra i partigiani vi erano anche coloro che, nel clima avvelenato della guerra civile in corso, erano indecisi se arruolarsi, così come richiedevano i bandi, nelle milizie fasciste della Repubblica Sociale. Oppure se disobbedire ed entrare nella Resistenza.  Molti sceglievano la seconda opzione. L’ideale comune che guidava combattenti, afferenti a brigate partigiane di diversa ispirazione politica, può essere condensato nelle seguenti parole del comandante Arrigo Boldrini:

Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro.”

BIBLIOGRAFIA

“Il mondo dei vinti” di Nuto Revelli

“Il prete giusto” di Nuto Revelli

“La guerra dei poveri” di Nuto Revelli

La conquista del Monte Nero

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