Le Portatrici Carniche. Donne coraggiose e infaticabili.

Portatrici Carniche

Portatrici Carniche
Portatrici Carniche

LE PORTATRICI CARNICHE. DONNE CORAGGIOSE E INFATICABILI

 

Nel corso della Prima Guerra Mondiale vi furono delle donne indomite che profusero tutti i loro sforzi affinché ai soldati, impegnati al fronte, non mancassero gli approvvigionamenti necessari. Queste eroine erano denominate “Portatrici Carniche”. In quanto provenivano dalla regione friulana dalla Carnia.

A causa della mobilitazione di gran parte degli uomini le donne, in molte famiglie, erano rimaste le sole a garantire degli introiti economici. Oltre a doversi occupare di assistere i bambini e gli anziani, provvedevano al lavoro nei campi e nelle stalle. La misera indennità che spettava alle famiglie dove degli uomini erano stati arruolati non garantiva affatto una sopravvivenza tranquilla e dignitosa. Quando l’esercito offrì la possibilità di guadagnare qualche misera lira trasportando, tramite delle gerle, dei pesanti carichi verso il fronte molte donne espressero la loro disponibilità.

 

LE PORTATRICI CARNICHE

Oltrepassando i limiti della retorica si potrebbe anche affermare che quelle donne vigorose si sottoponessero a quella immane fatica per un sconfinato amor patrio. Però, è più probabile che le motivazioni andassero soprattutto ricercate nel voler sostenere i soldati impegnati in prima linea. I quali potevano essere mariti, padri, figli e fratelli. Le Portatrici Carniche garantivano che al fronte giungessero soprattutto viveri, medicinali e munizioni. Quando ritornavano a casa portavano con sé la biancheria dei soldati, in modo da riconsegnargliela pulita con il prossimo viaggio. Alcune volte ritornando verso i loro paesi, tramite delle barelle, trasportavano dei feriti oppure dei cadaveri. In un bellissimo libro di Ilaria Tuti intitolato “Fiori di roccia”, dedicato alle portatrici carniche, una di loro afferma in dialetto:  «Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan» (andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame).  Per ogni viaggio veniva loro corrisposto l’importo di una lira e cinquanta centesimi. L’equivalente di tre euro odierni.

Maria Plozner
Maria Plozner

L’età delle portatrici carniche andava dai 15 ai 60 anni. Sulle loro spalle riuscivano a portare delle gerle che contenevano fino a 40 kg di materiale. Superando dei dislivelli che potevano giungere anche a 1000 metri. I soldati austro-ungarici purtroppo compresero l’importanza dell’opera che svolgevano queste donne vigorose e cominciarono a indirizzare le armi verso di loro le armi.  Il 15 febbraio del 1916 un cecchino austriaco colpì a morte Maria Plozner. Una mamma di quattro figli con il marito al fronte. Si era fermata per riposare assieme a un’amica quando venne uccisa. Nel 1955 le verrà dedicata una caserma dell’esercito. L’unica caserma italiana dedicata a una donna. Nel 1997 il presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro le conferì la medaglia d’oro al valor militare. In quel modo volle rendere onore a tutte le portatrici.

Caserma Maria Plozner Mentil
Caserma Maria Plozner Mentil

 

Le portatrici carniche non vennero mai militarizzate, pertanto non avevano lo status di soldati. Tuttavia, non era raro che dei militari rivolgessero loro il saluto portandosi la mano alla fronte. Era un modo per esprimere  omaggio e gratitudine. Inoltre, la loro presenza contribuiva a infondere coraggio e spirito di sopportazione ai soldati che stavano vivendo le terribili condizioni di un’esistenza grama in trincea. Questo ascendente positivo era simile a quello che portarono al fronte, a partire dal 1917, i cosiddetti “Ragazzi del ‘99”. Cioè quei giovani diciottenni che vennero arruolati per far fronte a una condizione militare molto critica. E che con la loro spensieratezza giovanile trasmisero un certo entusiasmo ai soldati veterani.

Le portatrici carniche prestarono servizio dal 1915 fino all’ottobre del 1917. Quando, in seguito alla sconfitta di Caporetto, fu necessario far indietreggiare la linea di difesa fino sul fiume Piave. In quei due anni la loro giornata lavorativa cominciava all’alba. Ogni viaggio durava dalle due alle cinque ore. Occasionalmente potevano essere impiegate anche di notte. Avevano diritto a tre pasti gratuiti: una tazza di caffè a colazione, una scodella di brodo a pranzo e un piatto di pasta per cena.

 

CONCLUSIONI

In Italia, a partire dall’ottobre del 1999, alle donne è stata giustamente concessa la possibilità di far parte delle Forze Armate. Dopo più di venti anni vi sono ancora alcune rimostranze, anche da parte di alti ufficiali, che considerano negativamente questa opportunità. Principalmente perché si reputa il sesso femminile non adatto al combattimento a causa di una minore forza fisica. Ritengo che tale critica sia molto discutibile, in quanto l’evoluzione tecnologica degli armamenti ha determinato una minore necessità di vigore muscolare. Oltre al fatto che è possibile servire in divisa il proprio paese senza dover per forza partecipare direttamente a degli scontri. Le portatrici carniche possono essere considerate le antesignane delle attuali soldatesse. Pur non essendo ufficialmente dei militari dimostrarono tutto  il loro spirito di abnegazione nell’affrontare quei viaggi estenuanti e rischiosi, i quali garantivano un supporto logistico fondamentale alle truppe impegnate nei cruenti combattimenti. Appropriate sono le parole del Mahatma Gandhi:

Per coraggio di abnegazione la donna è sempre superiore all’uomo, così come credo che l’uomo lo sia rispetto alla donna per coraggio nelle azioni brutali.”

Al seguente link è presente un video dedicato alle Portatrici Carniche:  Le Portatrici Carniche

 

BIBLIOGRAFIA

“Fiore di roccia” di Ilaria Tuti

“Una salita per amore. Donne al fronte” di Stefania Nosnan

“I sentieri delle portatrici nella grande guerra in Friuli” di Luca Cossa

3 Risposte a “Le Portatrici Carniche. Donne coraggiose e infaticabili.”

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