I PRIGIONIERI DI GUERRA SOVIETICI. VITTIME DEL CINISMO DI DUE TIRANNI: HITLER E STALIN

prigionieri sovietici

I PRIGIONIERI DI GUERRA SOVIETICI FURONO VITTIMA DEL BIECO CINISMO DI DUE TIRANNI: HITLER E STALIN

prigionieri sovietici
prigionieri sovietici

 

I milioni di soldati sovietici,  catturati dai nazisti, conobbero condizioni di prigionia così crudeli che la maggior parte di loro incontrò la morte. I sopravvissuti, a guerra terminata, vennero addirittura accusati da Stalin di essersi arresi per codardia.

 

ATTACCO ALL’UNIONE SOVIETICA

Il 22 giugno del 1941 le forze armate tedesche attaccarono di sorpresa l’Unione Sovietica. Nonostante, due anni prima, tra le due nazioni fosse stato sottoscritto un accordo di “non aggressione”, il cosiddetto “Patto Molotov-Ribbentrop”. I sovietici non erano pronti per far fronte a tale invasione. Ovviamente avevano già intuito, come tutta l’Europa, che Adolf Hitler non era un leader politico affidabile. Però, siccome la Germania stava combattendo contro il Regno Unito, presumevano che i nazisti non avrebbero avuto l’ardire di impegnare il loro paese su un secondo fronte. Inoltre, in quel periodo le forze armate sovietiche si trovavano in un grave stato di disorganizzazione. Il motivo era che il tiranno Iosif Stalin, a causa della sua paranoia, aveva ordinato l’eliminazione di una buona parte degli ufficiali, in quanto temeva che potessero destituirlo. Le cosiddette “Purghe” staliniane avevano determinato che interi reparti non avessero più alla loro guida degli ufficiali preparati. La cui esperienza si fondava sulla partecipazione alla Prima Guerra Mondiale e alla guerra civile che, per lunghi anni, aveva insanguinato l’Unione Sovietica. Al loro posto vi erano giovani ufficiali, in gran parte molto volenterosi ma privi di qualsiasi esperienza bellica. Per di più, erano affiancati da commissari politici, completamente intrisi dalla propaganda del regime, che volevano imporre le loro strategie pur essendo avulsi da qualsiasi preparazione militare.

L' Operazione Barbarossa
L’ Operazione Barbarossa

I soldati sovietici, in tale grave situazione, cercarono di resistere agli invasori ma, nei primi mesi del conflitto, vennero circondati in delle enormi sacche. Privi di qualsiasi collegamento con il resto dell’esercito e, di conseguenza, dei necessari rifornimenti non ebbero altra alternativa che la resa.

Si ebbero molti episodi di eroica resistenza. È sufficiente ricordare come la fortezza di Brest, in Bielorussia, e la fortezza di Sebastopoli in Crimea si opposero in modo intrepido ai tedeschi. Così come la città di Leningrado si oppose tenacemente a un lunghissimo assedio. In questo modo i sovietici ebbero il tempo per riorganizzarsi e disporre una difesa efficace. Tra le varie misure adottate vi fu la liberazione degli ufficiali internati nei gulag, affinché riassumessero il comando dei loro reparti. Inoltre, si impose che i commissari politici non potessero più interessarsi delle scelte tattiche decise degli ufficiali.

 

LE CRUDELI CONDIZIONI DI PRIGIONIA

Intanto milioni di soldati sovietici, prigionieri dei tedeschi, furono internati nei lager. I nazisti ritenevano i sovietici dei subumani (Untermensch) e non avevano alcuna intenzione di rispettare le norme basilari che le regole di guerra stabiliscono debbano vigere nei confronti dei prigionieri.  Una delle prime scellerate misure adottate fu di ridurne il numero facendo sì che una buona parte di loro morisse di fame. Di conseguenza vennero drasticamente ridotte le già scarse razioni alimentari. Gli storici sostengono che nei lager nazisti morirono 3,5 milioni di prigionieri di guerra sovietici. Il 60% di coloro che erano stati catturati.

I cosiddetti "Untermenschen"
I cosiddetti “Untermenschen”

I piani nazisti prevedevano che una buona parte della Russia venisse popolata da dei coloni tedeschi. Pertanto, intendevano eliminare una buona parte dei sovietici, mentre altri sarebbero stati ridotti in schiavitù. Nel nuovo ordine stabilito dai nazisti ai sovietici superstiti sarebbero state negate le cure mediche in modo da accelerarne l’estinzione. Nei piani di Hitler vi era una “Grande Germania” che avrebbe spinto i suoi confini fino ai Monti Urali.

La "Grande Germania"
La “Grande Germania”

Ad aggravare ulteriormente la situazione vi era il fatto che Stalin non aveva sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1929, nella quale erano state stabilite alcune regole alla quale dovevano sottostare le nazioni coinvolte in un conflitto. Di conseguenza la Croce Rossa Internazionale non aveva la possibilità di organizzare delle ispezioni nei lager dove erano internati i prigionieri sovietici.

 

LA DISUMANITA’ DI STALIN

Tra i milioni di prigionieri sovietici vi era anche il figlio di Stalin: Jakov. Il padre, nella sua infinità insensibilità, quando venne a sapere che si era suicidato commentò asserendo che finalmente aveva commesso un atto da uomo. Un genitore che dimostra tale cinismo, di fronte alla morte di un figlio, non avrebbe sicuramente potuto mostrare umanità nei confronti dei suoi connazionali rinchiusi nei lager nazisti.

La stessa disumanità la dimostrò nei confronti di coloro che riuscirono a sopravvivere alla prigionia. A guerra terminata, quando ritornarono in patria, Stalin volle che ognuno di loro venisse sottoposto a un interrogatorio pressante da parte degli agenti della polizia politica. Molti vennero accusati di essersi arresi per codardia e scarso patriottismo. Di conseguenza 250.000 ex-prigionieri vennero condannati a scontare molti anni internati in brutali gulag siberiani.

 

I RACCONTI DI MARIO RIGONI STERN E ALEKSANDR SOLZENICYN

Nei lager nazisti ebbero modo di incontrarsi prigionieri italiani e sovietici. I quali si erano combattuti nelle sconfinate pianure russe per poi ritrovarsi a condividere la stessa sorte. Quando, l’otto settembre del 1943, l’Italia ruppe l’alleanza con la Germania centinaia di migliaia di soldati italiani vennero catturati e internati. Così come per i sovietici, anche per gli italiani non vi era alcuna tutela da parte della Croce Rossa Internazionale. In quanto i soldati italiani venivano considerati dai tedeschi degli internati e non dei prigionieri di guerra. Lo scrittore Mario Rigoni Stern, in alcuni suoi racconti, racconta dell’incontro con i prigionieri sovietici. E del modo solidale con il quale affrontarono assieme quelle terribili condizioni. Nella delirante e insensata classificazione razziale, propugnata dai nazisti, gli italiani occupavano una misera tacca in più rispetto ai prigionieri sovietici. Al vertice vi erano i prigionieri inglesi e americani. I quali, in quanto anglosassoni, erano reputati affini alla razza ariana tedesca. Considerazioni di una ideologia spietata e paranoica.

Il premio nobel Aleksandr Solzenicyn  scrisse il libro “Una giornata di Ivan Denisovič”. Nel quale racconta le disavventure di un soldato sovietico che, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene catturato dai tedeschi. Dopo due giorni, riesce a fuggire e a ritornare al proprio reparto. Nonostante ciò alla fine del conflitto verrà condannato a scontare dieci anni in un gulag. In quanto ritenuto colpevole di aver manifestato segni di disfattismo arrendendosi al nemico. Nel romanzo Solženicyn ha modo di esporre la crudeltà dell’esistenza nei gulag. Lo scrittore stesso l’aveva conosciuta essendo stato internato per alcuni anni in seguito a una lettera, scritta a un amico, dove criticava l’operato di Stalin.

 

CONCLUSIONI

È toccante pensare a quei soldati sovietici che, dopo aver dovuto combattere una guerra scatenata dal nazionalismo folle di Adolf Hitler, conobbero la feroce prigionia internati in lager dove vigeva l’applicazione dell’ideologia nazista. Infine, a guerra terminata, quando ormai speravano di aver superato quel periodo travagliato dovettero invece subire l’accusa di essere stati dei codardi e subire la detenzione nei tremendi gulag staliniani.

Il Presidente Sandro Pertini
Il Presidente Sandro Pertini

La follia delle tirannie deve ricordarci la considerazione del compianto presidente della repubblica Sandro Pertini:

“E’ meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”.

La triste vicenda dei prigionieri di guerra sovietici è rappresentata nel seguente video:

La triste vicenda dei prigionieri di guerra sovietici

BIBLIOGRAFIA

“Operazione Barbarossa. Come Hitler ha perso la Seconda guerra mondiale” di Stewart Binns

“Il silenzio di Stalin. I primi dieci tragici giorni dell’Operazione Barbarossa” di Constantine Pleshakov

“Lager. Inferno e follia dell’olocausto” di Pier Giorgio Viberti

“Aspettando l’alba: e altri racconti” di Mario Rigoni Stern

“Una giornata di Ivan Denisovic-La casa di Matrjona-Accadde alla stazione di Kocetovka.” di Aleksandr Solzenicyn

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