LA BANDA KOCH. UN GRUPPO DI SADICI AL SERVIZIO DEL FASCISMO

Il criminale Pietro Koch

Il criminale Pietro Koch
Il criminale Pietro Koch

 

LA BANDA KOCH. UN GRUPPO DI SADICI AL SERVIZIO DEL FASCISMO

 

Le guerre concedono l’opportunità ai sadici e ai perversi di esternare tutta la loro malvagità. Molte volte con ampie probabilità di non doverne mai rispondere dinnanzi alla giustizia umana. Durante la guerra civile che insanguinò l’Italia, dall’aprile del 1943 fino all’aprile del 1945, vi furono svariati casi di individui che approfittarono del disordine sociale e morale per dar sfogo ai loro istinti più perversi.

 

LA BANDA KOCH

Uno di questi fu Pietro Koch. Uno svogliato studente di giurisprudenza che aveva abbandonato gli studi per svolgere prima il servizio militare. Per poi esercitare la mansione di mediatore nelle compravendite immobiliari. Attività nella quale emerse la propria propensione alle truffe.

L’armistizio dell’otto settembre del 1943 lo sorprese mentre, come ufficiale di complemento dei granatieri, stava per essere trasferito in Sardegna. Dopo un iniziale sbandamento entro a far parte di un reparto della polizia fascista. Dove dimostrò subito la propria fanatica devozione. Infatti, si mise subito in mostra grazie all’arresto di alcuni antifascisti. Fu così messo a capo di una unità denominata informalmente “Banda Koch”. I cui componenti erano di diversa estrazione. Tra i quali il sacerdote Ildefonso Troya, l’ex-partigiano Guglielmo Blasi e diverse donne. Quest’ultime non erano seconde agli uomini in quanto a efferatezza. Tra i vari metodi di tortura erano il lancio della vittima contro un muro, docce fredde oppure bollenti, abusi sessuali eseguiti tramite manici di scopa, scariche elettriche.

I componenti della banda, sovente, facevano irruzione nelle chiese per arrestare gli antifascisti che vi avevano trovato rifugio. Alcun di questi edifici godevano della extraterritorialità essendo di proprietà del Vaticano. Pertanto, i tedeschi non avevano il coraggio di violarle in quanto temevano l’incidente diplomatico. Di conseguenza lasciavano che tale compito lo svolgesse la Banda Koch, in quanto quest’ultima agiva al di fuori di ogni convenzione

Tra gli arrestati vi fu anche il regista Luchino Visconti. Il quale, per costringerlo a rilevare il nome di altri antifascisti, venne sottoposto alla tortura psicologica di essere portato più volte dinnanzi al plotone d’esecuzione. Fortunatamente, grazie all’intercessione di una attrice, venne liberato.

Le città in cui la Banda Koch dette, inizialmente, sfogo al suo sadismo furono Firenze e Roma poi, in seguito alla liberazione della capitale da parte degli Alleati, si trasferì a Milano. Dove una villa venne appositamente allestita come centro di tortura. I milanesi la soprannominarono “Villa Triste”. Ai componenti della banda di aggiunse l’attore Osvaldo Valenti. Un fanatico sostenitore dell’ideologia fascista il quale, con gli anni, aveva sviluppato dipendenza dalle sostanze stupefacenti.

Villa Triste
Villa Triste

 

LA FINE DELLA BANDA KOCH

Oltre che nella repressione degli oppositori al regime la Banda Koch si occupava anche di indagare quanto fossero fedeli i vari gerarchi fascisti. Però tale peculiarità fece sì che man mano divenisse invisa anche ai fascisti stessi. Di conseguenza la banda venne smantellata e Pietro Koch venne rinchiuso nel carcere di San Vittore. Da dove i tedeschi lo fecero fuggire il 25 aprile del 1945 in modo che non corresse il rischio di essere catturato dai partigiani. Venne comunque arrestato dopo breve tempo e condannato alla fucilazione alla schiena. Le autorità vollero che l’esecuzione venisse filmata e venne incaricato il regista Luchino Visconti. Una sua ex-vittima.

Osvaldo Valenti
Osvaldo Valenti

Anche altri componenti della banda vennero fucilati. Tra i quali l’attore Osvaldo Valenti. È probabile che si verificò anche un tragico errore in quanto venne giustiziata anche la sua compagna: l’attrice Luisa Ferida. La donna non aveva mai frequentato “Villa Triste”, ma si suppone che alcune aguzzine della Banda Koch avessero finto di essere lei quando torturavano le loro vittime. Nelle settimane concitate che seguirono la fine della guerra Luisa Ferida venne arrestata e fucilata. Alcuni sostengono che l’ordine di giustiziarla fosse giunto da Sandro Pertini, in quel periodo uno dei leader del Comitato di Liberazione Nazionale. Altri asseriscono che tali ordini venissero impartiti in forma scritta e che non vi è alcun documento, sottoscritto da Sandro Pertini, in cui sia presente tale direttiva. Di conseguenza ancora oggi vi è incertezza su chi furono i responsabili di quell’errore. Invece si è praticamente certi che Luisa Ferida, nonostante le pessime frequentazioni, non fosse mai stata partecipe alle sevizie impartite dai componenti della Banda Koch.

Molti degli aguzzini della banda pagarono le loro colpe con pochi anni di prigioni. In quanto riuscirono a usufruire di amnistie e di sconti di pena. Ne è un esempio il caso del sacerdote Ildefonso Troya. Nonostante una condanna a 28 anni ne trascorse in prigione solamente sette.

Luisa Ferida
Luisa Ferida

 

 

 

CONCLUSIONI

 

Le guerre e le tirannie sono i ricettacoli dove gli animi vili e spregevoli trovano il modo di esternare la loro scelleratezza. Nella Banda Koch colpisce il rilevante numero di donne che ne facevano parte. Tra le quali si staglia il nome di Alba Giusti Cimini. Tristemente conosciuta per il fatto che torturava le donne stuprandole con dei bastoni. Non pagò mai le sue colpe.

Le varie amnistie successive alla Seconda Guerra Mondiale avevano, giustamente, l’obiettivo di cercare di mettere fine al clima divisivo conseguente allo scontro tra diverse fazioni che avevano insanguinato l’Italia. Purtroppo, però, tramite di loro molti criminali riuscirono a sfuggire alla giusta condanna.

La storia di Pietro Koch mostra come quello che era uno svogliato studente di giurisprudenza sia potuto diventare, in breve tempo, uno spietato criminale. Un altro esempio della malvagità umana lo avevo riportato nell’articolo dedicato all’eccidio perpetrato per puro divertimento dalla contessa Margit ThyssenL’eccidio di Rechnitz

Purtroppo, è sempre attuale l’aforisma del marchese De Sade:

“Per l’uomo non c’è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili”.

 

Dedicato alle crudeltà della Banda Koch vi è anche un video al seguente link: 

La Banda Koch 

 

BIBLIOGRAFIA

“Milano 1944. Villa Triste. La famigerata banda Koch” di Daniele Carozzi

“La banda Koch a Milano: Tra i reclusi a “Villa Triste”” di Dino Valle

“Il processo contro i superstiti della banda Koch all’Assise speciale di Milano” di Walter Molino

2 Risposte a “LA BANDA KOCH. UN GRUPPO DI SADICI AL SERVIZIO DEL FASCISMO”

  1. “…alcuni sostengono che l’ordine di giustiziare la coppia Valenti-Ferida giunse da Pertini..”
    Alcuni sostengono? A sostenerlo è il partigiano che comandava il plotone di esecuzione (Giuseppe Marozin detto Vero, capo della Brigata partigiana Pasubio) il quale disse: «Quel giorno Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: Fucilali, e non perdere tempo!».
    L’innocenza della Ferida fu dichiarata dallo stesso Marozin. Quella di Valenti fu dichiarata dalla Corte d’ Appello di Milano, la quale sentenziò che la Ferida e Valenti non furono giustiziati, bensì assassinati.

    1. Federico, ti ringrazio molto per le tue precisazioni. La mancanza di certezza sul fatto che l’ordine giunse da Sandro Pertini è che non vi è nulla di scritto, mentre di solito l’ordine di fucilazione non era impartito verbalmente. Di conseguenza vi è chi sostiene che Giuseppe Marozin agì senza l’ufficialità di un ordine preciso. Temo che su tale aspetto non si giungerà mai a una visione concorde.

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